Firmato il Patto della fabbrica, relativo al “nuovo” modello contrattuale tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. L’accordo (siglato il 9 marzo, ma raggiunto prima delle elezioni) ha anche un valore politico e segnala al futuro governo la volontà delle parti sociali di difendere il ruolo della contrattazione come sede di definizione dei minimi salariali, contro possibili invasioni di campo del legislatore.
Quanto al suo contenuto, si conferma la struttura contrattuale definita dal Testo Unico del 2014, articolata su due livelli con una ulteriore valorizzazione della sede decentrata. Anche le associazioni datoriali dovranno però misurare la loro rappresentatività per sedere al tavolo negoziale. Al CCNL spetta la definizione del trattamento economico complessivo (TEC) e del trattamento economico minimo (TEM), ancorato all’IPCA (Indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo); mentre la ripresa delle dinamiche salariali resta affidata al salario di produttività contrattato a livello decentrato. Le linee guida adottate dalle parti sociali configurano un modello “aperto” che lascia alla contrattazione di categoria il compito di promuovere uno “sviluppo virtuoso” del livello aziendale, come sede per contrattare su formazione, innovazione, partecipazione e welfare.