L’Avvocato Generale Emiliou, nelle sue conclusioni depositate il 15 gennaio, chiede alla Corte di giustizia di accogliere il ricorso della Danimarca per ottenere l’annullamento della direttiva 2022/2041 sui salari minimi adeguati nell’UE. La direttiva sarebbe stata adottata dalle istituzioni europee violando la ripartizione di competenze tra Stati e Unione prevista dal Trattato sul funzionamento dell’UE, che esclude espressamente la possibilità per l’UE di legiferare in materia di “retribuzione” (art. 153(5)). Non avrebbe fondamento la pretesa di giustificare la direttiva sulla base della pregressa giurisprudenza della Corte di giustizia che ammette interventi che incidono solo “indirettamente” su materie non di spettanza dell’UE. Nel caso di specie, secondo l’AG, si tratterebbe invece di una normativa che interferisce direttamente sui sistemi nazionali di determinazione dei salari, come per altro si ricava dal suo stesso titolo. Entra fine anno si attende la decisione della Corte che, se adesiva alle conclusioni dell’AG, vanificherebbe il più significativo sforzo delle istituzioni dell’UE di dare sostanza all’Europa sociale.
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Le ultime notizie dal mondo del lavoro
E’ legge il c.d. Collegato lavoro: più spazio per il lavoro somministrato e a termine
Entrato in vigore il c.d. Collegato lavoro (L. 203 del 30 dicembre 2024), contenente un insieme di modifiche della normativa vigente ispirate alla logica della semplificazione e dell’agevolazione nell’utilizzo del lavoro temporaneo. Sotto questo profilo le norme più controverse ampliano significativamente le ipotesi di lavoratori somministrati utilizzabili oltre il il limite del 30% dei lavoratori dipendenti, eliminano le causali per l’utilizzo di disoccupati di lungo periodo e di lavoratori svantaggiati ed estendono la qualificazione di lavoro stagionale (con conseguente applicazione del regime derogatorio) al lavoro svolto per far fronte a picchi di attività o per soddisfare esigenze tecnico-organizzative individuate dai contratti collettivi. Viene poi per la prima volta regolato un contratto di lavoro ibrido a causa mista, che consente di assumere un lavoratore in parte come dipendente e in parte come autonomo a partita IVA, con beneficio del regime fiscale forfettario; e con conseguenti inevitabili problemi di controllo sul rispetto della normativa di tutela (in primis, in materia di orario).
La Corte di giustizia estende le tutele in materia di orario di lavoro ai lavoratori domestici
Importante sentenza della Corte di giustizia sul lavoro domestico (HJ c. US, MU del 19 dicembre 2024, in causa C-531/23). Secondo i giudici di Lussemburgo non sono ammesse deroghe al regime di tutela applicabile ai lavoratori domestici rispetto alla generalità degli altri lavoratori, se non oggettivamente giustificate dal particolare contesto in cui si trovano a svolgere la loro attività. Anche i datori di lavoro di questi lavoratori sono quindi tenuti a rispettare gli obblighi in materia di orario di lavoro previsti dalla direttiva 2003/88, ivi compreso l’obbligo di istituire un sistema che consenta di misurare la durata dell’orario di lavoro svolto dai collaboratori domestici, di modo che sia possibile determinare in modo obiettivo e affidabile il numero di ore di lavoro effettuate e la loro ripartizione nel tempo. Questi stessi principi valgono a revocare in dubbio anche altre deroghe al regime di tutela dei lavoratori domestici (a partire dalla disciplina del licenziamento).
Finalmente in vigore la direttiva sul lavoro tramite piattaforme digitali: si rafforzano i diritti di informazione individuale e collettiva sulla gestione algoritmica dei rapporti di lavoro
Dopo lunga e tormentata gestazione, è stata finalmente pubblicata la direttiva sul lavoro tramite piattaforme digitali (direttiva UE 2024/2831 del 23 ottobre 2024). Superati i contrasti tra gli Stati, grazie anche ad una revisione al ribasso della c.d. presunzione legale di subordinazione, che avrebbe dovuto permettere un corretto inquadramento dei lavoratori “digitali” in tutti gli Stati membri. Di fatto però la versione finale dell’art. 5 lascia ampia discrezionalità ai legislatori nazionali, ammettendo per altro la prova contraria circa la natura “autonoma” del rapporto da parte del datore. Impatto assai più rilevante (anche nel nostro ordinamento) dovrebbero avere le disposizioni finalizzate a garantire la trasparenza dell’utilizzo e la gestione algoritmica, sia nei confronti del singolo lavoratore che delle rappresentanze sindacali.
A regime il sistema della patente a crediti in edilizia: l’INL detta le prime linee guida
Con il regolamento adottato con il D.M. n. 132 del 18 settembre è entrato pienamente in funzione lo strumento della patente a crediti prevista dal nuovo art. 27, d.lgs. 81/08, il cui possesso è obbligatorio a partire dal primo novembre p.v. per chi opera in edilizia: una platea di interessati che comprende oltre 800 mila tra datori di lavoro e lavoratori autonomi. L’INL, cui spetta il rilascio del documento in formato digitale, ha dettato le prime linee guida relative al rilascio, alla gestione e al conseguimento della patente (circolare n.4 del 23 settembre)
Modificato il regime risarcitorio per contratto a termine illegittimo: è possibile ottenere il maggior danno oltre le 12 mensilità di retribuzione
Il decreto legge n. 131 del 16 settembre (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano) amplia le tutele economiche per il lavoratore assunto a termine in violazione dei presupposti di legge, ammettendo la possibilità di provare in giudizio il maggior danno rispetto alle 12 mensilità retributive previste come massimale dell’indennizzo (art. 11). Stessa possibilità è introdotta nel pubblico impiego, dove viene quantificata l’indennità tra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità (art. 12). Restano da chiarire quali siano le voci di danno risarcibili, posta la sostanziale diversità del regime di tutela nel lavoro privato rispetto al pubblico (dove manca la conversione in contratto a tempo indeterminato).
Lo stesso d.l. 113 prevede poi (blande) norme a tutela della continuità dell’occupazione per le future concessioni demaniali marittime (stabilimenti balneari) (art. 1, comma 6) e un irrigidimento delle sanzioni per il datore che non garantisca ai lavoratori stagionali extra-UE un alloggio adeguato o imponga un canone eccessivo (art.9).
Allentati i controlli sulle imprese con il c.d. decreto semplificazioni
In vigore il c. d decreto semplificazioni sui controlli alle attività economiche (d.lgs. 103/2024), adottato al fine di ridurre al minimo i controlli sulle imprese certificate come “a basso rischio” attraverso un apposito Report da acquisire su base volontaria. Aumentata anche la possibilità di sanare le infrazioni che comportano sanzioni non superiori a 5000 euro, previa adozione della diffida amministrativa. L’INL ha fornito le prime indicazioni operative agli ispettori per l’applicazione delle nuove norme (nota 1357 del 31 luglio) . Ovvi i rischi di indebolimento del sistema ispettivo, in potenziale tensione con gli obblighi in materia di salute e sicurezza previsti dal d.lgs. 81/08.
Discriminatoria la disciplina del reddito di cittadinanza: illegittimo il requisito di 10 anni di residenza per i cittadini stranieri
La Corte di giustizia ha dichiarato contrario al diritto dell’UE in quanto discriminatorio nei confronti dei cittadini di Stati terzi il requisito di 10 anni di soggiorno (di cui due continuativi) per accedere al reddito di cittadinanza (sentenza del 29 luglio, in cause riunite C-112/22 e C-223/22). Termine così una vicenda che non avrebbe neppure essere iniziata, visto che il suo esito era scritto con chiarezza nelle fonti di diritto dell’UE sulle quali si è basata la sentenza della Corte (art.11, par.3, direttiva 2003/109 relativa ai soggiornanti di lungo periodo). Una vicenda che è costata a molti cittadini stranieri perfino condanne penali, dovute alle draconiane sanzioni previste dalla normativa per chi abbia indebitamente percepito la prestazione.
Due nuove sentenze della Corte costituzionale riscrivono la disciplina dei licenziamenti prevista dal Jobs Act
Altre due sentenze della Corte costituzionale smontano quel che resta del Jobs Act, riscrivendo la disciplina del licenziamento. Si eliminano così alcuni profili particolarmente irragionevoli della disciplina del 2015, rendendola più simile a quella prevista dall’art. 18, St. lav. (che resta applicabile ai lavoratori assunti prima del 15 marzo 2015).
Con la sentenza n. 128 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 23/15, nella parte in cui non prevede che la tutela reintegratoria si applichi anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro, lasciando però nell’area della tutela indennitaria l’ipotesi in cui sia mancato il tentativo di ricollocamento del lavoratore (c.d. repêchage).
Con la sentenza n. 129 del 2024 ha ritenuto non fondata la questione relativa alla stessa norma, relativa al licenziamento disciplinare basato su un fatto contestato per il quale la contrattazione collettiva prevedeva una sanzione conservativa, a condizione che se ne dia un’interpretazione adeguatrice. Deve infatti ammettersi la tutela reintegratoria quando la regolamentazione pattizia preveda che specifiche inadempienze del lavoratore, pur disciplinarmente rilevanti, siano passibili solo di sanzioni conservative.
In vigore la direttiva che impone alle multinazionali obblighi di vigilanza sul rispetto dei diritti umani e ambientali
Adottata in extremis alla fine della legislatura, è finalmente in vigore la direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (direttiva 2024/1760). Si tratta di una normativa indubbiamente innovativa sul piano delle fonti internazionali, che per la prima volta introduce obblighi sanzionabili e meccanismi risarcitori per i danni sociali e ambientali provocati dalle multinazionali e dai loro partner commerciali lungo tutta la catena del valore. La direttiva è stata accolta molto positivamente dal fronte sindacale europeo. Ai sindacati ed alle loro rappresentanze in azienda adesso spetta il compito di monitorarne il rispetto.