Incostituzionale il differimento del t.f.s. dei dipendenti pubblici

Con la sentenza n. 130/23 depositata lo scorso 23 giugno, la Corte costituzionale riconosce che il differimento e la rateizzazione della corresponsione del trattamento di fine servizio ai dipendenti pubblici viola il diritto alla giusta retribuzione sancito dall’art. 36 Cost.. Spetta al legislatore individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto del rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta. Un intervento in tal senso non è però più differibile, dal momento che la stessa Corte aveva già invitato il  legislatore a superare la normativa vigente con la sentenza 159/19.

Sub iudice l’obbligo di rispettare i minimi salariali previsti dal CCNL da parte delle compagnie aeree: accolto dal Tribunale UE il ricorso di Ryanair

Il Tribunale dell’UE (sentenza 24 maggio 2023, causa T-268/21, Ryanair c. Commissione europea) accoglie il ricorso di Ryanair e annulla la decisione della Commissione europea con la quale erano stati concessi gli aiuti finanziari alle compagnie aeree per compensare i danni prodotti dalla pandemia. La compagnia irlandese lamentava di non averne potuto beneficiare, non avendo rispettato l’obbligo di rispettare gli standard salariali fissati dal CCNL firmato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative. Secondo i giudici europei la Commissione non ha adeguatamente motivato la supposta compatibilità di tale obbligo con il diritto dell’UE in materia di concorrenza e mercato interno. A rischio c’è la tenuta di analoghi obblighi previsti dalla legislazione nazionale per contrastare il dumping contrattuale (a partire da quelli previsti in materia di appalti pubblici).

Approvata la direttiva sulla parità salariale di genere

In vigore la direttiva UE 2023/970 finalizzata a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva. Gli Stati devono adottare misure affinchè i datori pubblici e privati (e le parti sociali in sede di contrattazione) si dotino di sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere che escludano qualsiasi discriminazione retributiva, diretta e indiretta, fondata sul sesso. Rafforzati i diritti di informazione e le tutele processuali: sotto questo profilo merita particolare attenzione la previsione che fa gravare sul datore l’onere di provare l’assenza della discriminazione.

 

Il c.d. decreto lavoro cancella il reddito di cittadinanza, agevola il ricorso al contratto a termine e semplifica gli obblighi di informazione per le aziende

Entrato in vigore il c.d. Decreto Lavoro (d.l. 4 maggio 2023, n. 48), biglietto da visita del governo Meloni in materia sociale e di lavoro. Come ampiamente annunciato e previsto dall’ultima legge di bilancio, esce di scena il reddito di cittadinanza, sostituito da gennaio 2024 dall’Assegno per l’inclusione che spetterà ai nuclei familiari composti da almeno un soggetto disabile o minorenne o ultrasessantenne o invalido civile. Ai componenti di altri nuclei familiari con ISEE inferiore a 6000 euro, è invece destinato il Supporto per la formazione e il lavoro. I beneficiari delle nuove prestazioni sono assoggettati a rigidi criteri di condizionalità, a beneficio delle imprese in cerca di lavoro a basso costo.

In materia di lavoro, per superare i 12 mesi di utilizzo di un lavoratore a termine è temporaneamente (fino ad aprile 2024) re-introdotta la causale unica, con la precisazione  che le “esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva” sono individuate dalle parti (cioè dal datore); ciò sempre che i contratti collettivi applicati in azienda non prevedano già specifiche causali. Viene poi ulteriormente elevato l’importo massimo del compenso dei lavoratori occasionali (15 mila euro), nel settore del turismo e termale. Significative semplificazioni sono previste per gli obblighi di informazione e trasparenza, recentemente introdotti con il d.lgs. 104/22. A carico della fiscalità, l’intervento sui salari che dal 1° luglio al 31 dicembre comporta una riduzione parziale dell’onere contributivo per i lavoratori dipendenti (con conseguente aumento tra 20 e 40 euro mensili).

In vigore il nuovo codice degli appalti pubblici: liberalizzato il subappalto ma rafforzate le clausole sociali di equo trattamento

Ambivalenti novità caratterizzano l’impianto regolatorio previsto dal nuovo codice dei contratti pubblici, destinato ad avere efficacia dal prossimo 1 luglio (d.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023). Se il superamento dei previgenti limiti al subappalto, associati all’elevazione della soglia prevista per l’affidamento diretto, configurano evidenti rischi di elusione degli obblighi di legge in materia sociale ed ambientale, restano confermate le disposizioni a tutela della continuità dell’occupazione (art. 57) e di contrasto al dumping contrattuale. Sotto questo secondo profilo, il nuovo art. 11 rafforza perfino gli obblighi per le imprese aggiudicatarie di rispettare il c.d. CCNL leader, dal momento che impone alla stazione appaltante di indicarlo nel bando di gara o nell’invito, salva la possibilità di applicare un diverso CCNL se questo garantisce tutele equivalenti. La dichiarazione di equivalenza è verificata dalla stazione appaltante in sede di  valutazione dell’anomalia dell’offerta.

La Consulta salva gli accordi di prossimità: inammissibili le questioni di legittimità sull’art. 8 d.l. n. 138/11

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 52/2023 deposita lo scorso 28 marzo, fa salvi gli accordi di prossimità di cui all’art. 8 d.l. n. 138/11, dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’Appello di Napoli con l’ordinanza del 3 febbraio 2022.

Nel farlo i Giudici delle leggi forniscono però un’interpretazione restrittiva dei presupposti di tali accordi, dai quali dipendono gli effetti previsti dalla legge (efficacia erga omnes e derogabilità della legge e dei CCNL), ricordando che devono essere firmati da sindacati comparativamente più rappresentativi e approvati dalla maggioranza dei lavoratori, che deve sussistere una delle finalità tassativamente previste dalla legge e che non possono vertere su istituti retributivi. In assenza di tali presupposti, l’efficacia degli accordi aziendali resta “solo tendenzialmente estesa a tutti i lavoratori“, cioè non può riguardare lavoratori e sindacati non firmatari che manifestano il proprio dissenso all’accordo.

Attuata la direttiva 2019/1937 a tutela dei c.d. whistleblowers

Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 24 del 15 marzo scorso è data finalmente attuazione alla direttiva “Whistleblowing” (2019/1937) che tutela chi denuncia violazioni del diritto dell’UE e nazionale da parte di pubbliche amministrazioni e imprese. La facoltà di segnalazione è riconosciuta non solo ai lavoratori dipendenti, ma anche ad autonomi, volontari, tirocinanti, azionisti nonché a chi ricopre incarichi di amministrazione, direzione, controllo o vigilanza. Previa consultazione sindacale, imprese e amministrazioni pubbliche dovranno attivare appositi canali di segnalazione interna, che garantiscano la riservatezza. Previsto anche un canale di segnalazione “esterna” gestito dall’Autorità Nazionale Anti-Corruzione. Ai whistleblowers  è assicurata la tutela contro qualsiasi forma di discriminazione o ritorsione.

Il Consiglio di Stato censura la Commissione di garanzia e riduce da 20 a 10 giorni la durata della c.d. rarefazione oggettiva in caso di sciopero nel trasporto locale

Accogliendo in appello due ricorsi della Filt-Cgil e della Fit-Cisl il Consiglio di Stato (sentenze n. 2115 e 2116 del 1° marzo) annulla la delibera di provvisoria regolamentazione dello sciopero con la quale la Commissione di garanzia aveva esteso da 10 a 20 giorni la durata della c.d. rarefazione oggettiva, modificando l’accordo del 28 febbraio 2018 sulle prestazioni indispensabili nel settore del trasporto pubblico locale. La delibera della Commissione risulta viziata per carenza di motivazione, non avendo i Garanti dimostrato con dati attendibili che una simile compressione del diritto di sciopero fosse giustificata da un intensificarsi del conflitto collettivo nel settore.