Importante sentenza di merito contro il recesso dal CCNL e lo shopping contrattuale

Il Tribunale di Asti, con sentenza del 4 giugno scorso, ha impedito ad un’azienda di distribuzione di libri (Diffusione San Paolo, di cui si servono le Edizioni Paoline) di disapplicare unilateralmente il CCNL Turismo, Distribuzione, Servizi (firmato dalla Filcams) per sostituirlo con il più “conveniente” CCNL Fisal delle cooperative del settore dei servizi sottoscritto dalla Cisal con l’Ampit e Cidec. In virtù dei principi accolti dal giudice astigiano, il fatto di applicare un determinato CCNL che (come il CCNL TDS) preveda una clausola di ultrattività preclude ad un datore la possibilità di “liberarsene” unilateralmente in vigenza di tale clausola; d’altra parte, per le aziende con più di 50 dipendenti, qualsiasi mutamento degli assetti contrattuali impone un confronto con le rappresentanze sindacali ai sensi del d.lgs. 25/07, nel rispetto di quanto previsto dal CCNL applicato in azienda.

La Corte di giustizia pone un freno al dumping contributivo delle agenzie di lavoro temporaneo

Passo in avanti di estrema rilevanza della Corte di giustizia nel contrasto al dumping contributivo operato da Agenzie di somministrazioni che distaccano lavoratori da paesi con più basso costo del lavoro (in primis, dall’est europeo). Con la sentenza Team Power del 3 giugno scorso viene infatti sancito il principio per cui un’agenzia di lavoro temporaneo stabilita in uno Stato membro che opera inviando lavoratori esclusivamente sul territorio di un altro Stato membro, deve iscriverli nel regime di sicurezza sociale di tale Stato. Non vale infatti in questo caso la speciale deroga al principio di territorialità previsto per il distacco transnazionale dall’art.12 del regolamento UE n. 883/04 relativo al coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale.

In vigore il Decreto “Sostegni bis”: niente proroga del blocco dei licenziamenti, incentivi per il ricorso alle integrazioni salariali e “nuovo” contratto di rioccupazione

In vigore dal 25 maggio il  d.l  n.73/2021  “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali” (c.d. Decreto Sostegni bis). Tra le novità più rilevanti, il “nuovo” contratto di rioccupazione, che permette assunzioni sulla base di un “progetto di inserimento”, senza oneri contributivi e recesso libero dopo 6 mesi  (art. 41). La mancata proroga del blocco dei licenziamenti è “compensata” dalla cassa integrazione straordinaria “in deroga” e da incentivi alle altre forme di integrazioni salariali (art. 40).

Varato con legge delega l’Assegno Unico e Universale per i carichi familiari: entro un anno i decreti attuativi

E’ stata approvata la legge delega n. 46 del 1° aprile 2021 con la quale viene prevista l’attivazione dell’assegno unico e universale, destinato a sostituire i benefici esistenti per i nuclei familiari con figli a carico (ANF, assegno di maternità e assegno per il nucleo familiare dei Comuni). Il futuro assegno si baserà sui principi di universalità e progressività, vale a dire che sarà erogato sulla base dell’effettivo stato di bisogno dei beneficiari, accertato attraverso l’ISEE.

L’assegno sarà finanziato dal neo-istituito “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, nonché dalle risorse derivanti dall’abrogazione delle misure esistenti. Non è al momento possibile calcolare l’importo delle prestazioni, che dipenderà dalla declinazione dei criteri di legge da parte della decretazione attuativa. I primi studi prognostici sul possibile impatto della riforma prevedono però che (considerando le risorse impegnate) tra il 20 e il 30% dei beneficiari dell’assegno unico riceveranno una prestazione di importo ridotto rispetto a quella garantita dal regime vigente; ciò a fronte di una ampliamente del numero dei beneficiari. Certamente beneficeranno del varo della nuova misura i datori di lavoro, sollevati dall’onere di contribuzione per gli ANF fino ad oggi a loro carico.

La Consulta boccia anche la riforma “Fornero” dell’art. 18

Dopo le plurime questioni di costituzionalità che hanno investito il c.d. Jobs Act, anche la riforma del licenziamento operato dalla c.d. legge “Fornero” (L.92/12) subisce la censura della Corte costituzionale. La Consulta, con la sentenza 59/2021 del 1 aprile, ha infatti dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 18, comma 7 dello Statuto dei lavoratori (come appunto riformato dalla legge 92/12) nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerta la manifesta insussistenza del fatto posto a base di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “possa” e non “debba” reintegrare il lavoratore. La diversità di regimi rimediali previsti in caso di licenziamento disciplinare e di licenziamento economico contravviene ai principi di ragionevolezza e di eguaglianza  deducibili dall’art. 3 della Costituzione.

Decreto Sostegni: proroghe e conferme delle misure emergenziali

Con il c.d. Decreto Sostegni (art. 7-19 del D.L. 22 marzo 2021, n.41) si confermano e prorogano le misure in materia di lavoro adottate sino ad oggi per far fronte alla crisi sanitaria, a partire dalla Cassa integrazione (proroga per 13 settimane di quella ordinaria e per 28 di quella in deroga e dell’assegno ordinario). Confermata anche l’indennità una tantum di 2400 euro per lavoratori stagionali, del turismo, dello spettacolo e dello sport e la proroga di Naspi e Dis-Coll in assenza dei requisiti. Resta fino al 31 giugno il diritto allo smart working per i lavoratori fragili e con gravi disabilità.

Confermata per tutto il 2021 anche la possibilità di prorogare e rinnovare i contratti a termine senza causale. Solo fino al 30 giugno è invece prorogato il divieto di procedere a licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo: ed è questa la principale novità rispetto ai precedenti decreti.

Nuova questione di costituzionalità sul Jobs Act: stavolta in relazione al licenziamento nelle piccole imprese

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 24 febbraio, ha sollevato una nuova questione di costituzionalità relativa alla materia del licenziamento prevista dal c.d. Jobs Act, chiedendo alla Consulta di esprimersi in merito alla compatibilità del regime applicabile alle piccole imprese (art. 9, d.lgs. 23/15) con gli art. 3 (principio di ragionevolezza), 4 e 35 (effettività della tutela) Cost. e con l’art. 24 della Carta sociale europea (adeguatezza dell’indennizzo), in quanto parametro interposto di costituzionalità ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost. Nel rinviare la questione alla Corte, il giudice romano richiama la decisione del Comitato europeo dei diritti sociali “CGIL v. Italy” dell’11 febbraio 2020 con la quale il regime del licenziamento previsto dal d.lgs. 23/15 è stato dichiarato contrario agli standard fissati dalla Carta sociale.